Come funziona il motore di ricerca più usato al mondo? Con un algoritmo magico i cui “aggiustamenti” sono a completa discrezione dell’azienda. Se Google li giustifica come “manovre antispam” per rendere la ricerca il più corretta possibile, non è raro che un sito si veda eliminare da un giorno all’altro dai primi risultati e, quindi, morire.
Come funziona AdWords ?(il sistema “pay per click” di Google pensato per gli inserzionisti) E come funzionano le sue aste pubblicitarie, delle quali non si conosce né il numero dei partecipanti e per le quali non esistono sistemi di controllo (autonomi) dei meccanismi di fissazione del prezzo? Come funziona AdSense, il sistema che permette di fare uscire annunci correlati al contenuto delle nostre pagine online? Non lo sappiamo. Google ci dice che ci dobbiamo fidare. «Don’t be evil» ci deve bastare.
«Don’t be evil» non basta
E la cosa dovrebbe invece preoccuparci almeno un po’: nella ricerca Internet statunitense Google domina i due terzi del mercato: il 65,5% per la precisione, mentre in Europa, di media, si parla dell’80%. La vita del tuo sito o del tuo blog (se è monetizzato) da questo dipende. Ma non ci sono regole chiare, o meglio ci sono solo le regole di Google. Qualcosa inizia a muoversi e le denuncie a Google arrivano un po’ da tutte le parti. Di venerdì la notizia secondo la quale Google pubblicherà le percentuali di guadagni spettante a chi aderisce a Google AdSense. Questo in seguito alla denucia della Fieg (Federazione italiana editori di giornali) all’antitrust del novembre scorso per abuso di posizione dominante e distorsione del mercato della pubblicità on line. La percentuale di guadagni che spetta ai siti che aderiscono ad AdSense: "è definita senza che Google fornisca elementi utili a verificare la determinazione dei corrispettivi effettivamente percepiti", ci dice l’Antitrust. In altre parole sapremo anche quanto Google guadagna dalla pubblicità.
Questa proposta di Google, anche se significativa sul piano simbolico, difficilmente accontenterà gli editori, che sono preoccupati dal fatto che il motore di ricerca guadagna sui loro contenuti, quando la stampa, lei, è in crisi. L’iniziativa della Fieg, infatti, si inscrive nella pozione presa, ancora una volta, da Rupert Murdoch nel novembre scorso: il magnate ha infatti dichiarato che i siti dei suoi giornali sarebbe scomparsi dagli aggregatori di notizie (Google News in primis) poiché questi ultimi guadagnano (in pubblicità) senza pagare per le notizie che, invece, per i giornali sono un costo. Il 23 marzo 2010 è il turno della Spagna: Antonio Fernández Galiano, Presidente dell’associazione spagnola degli editori stampa (Aede) ha sostenuto la necessità che «Google News cambi completamente il suo modello economico». Secondo Galiano: «Approfitta del lavoro e della crisi della stampa per guadagnare, non rispettando la legge che difende gli editori contro gli abusi dei guadagni di terzi in Internet».
E sulla privacy?
Il 10 aprile scorso le autorità di protezione della privacy di dieci Paesi (Francia, Germania, Canada, Spagna, Irlanda, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Olanda e Inghilterra) hanno scritto a Google per lamentarsi della scarsa attenzione alla protezione dei dati personali che l’introduzione del suo servizio di social network, Buzz, aveva generato. Questo, anche se Google, nelle parole di Eric Schmidt, il suo amministratore delegato, aveva già fatto pubblica ammenda per la “Buzz debacle”.
Ultimo Street View: il servizio di mappatura stradale di Google. In Germania la polemica tra le autorità e il motore di ricerca va avanti da oltre un anno: secondo le autorità tedesche Google viola la privacy dei cittadini, mostrando edifici privati, persone e targhe automobilistiche senza consenso. Ieri è stato annunciato che, senza consenso, Google ha accidentalmente stoccato dati di navigazione Wi-fi durante le riprese con le Google cars. La notizia è stata data a seguito delle audizioni legate a quest’inchiesta dell’autorità tedesca per la privacy. La Google car, sono infatti dotate, oltre che delle telecamere per la ripresa in 3D, anche di antenne per filtrare le reti Internet. L’azienda ha subito risposto che questi dati non verranno stoccati.
Va ricordato che nel marzo scorso Google aveva annuciato, dietro l’ennesima richiesta europea (conservare le immagini delle street-view non 12, ma solo sei mesi) che avrebbe forse bloccato la mappatura dell’Europa.